Il futuro di Swarovski non sembra cristallino
Il brand austriaco famoso in tutto il mondo per i cristalli che hanno ornato gli outfit di Marilyn Monroe e Beyoncé, ma anche gli abiti di Dior e molte altre celebrities e brand della moda, non naviga già da tempo in buone acque.
Ora però si viene a sapere che all’interno della famiglia proprietaria del marchio, vi sono pareri contrastanti in merito alla gestione e alla strategia che l’azienda ha preso negli ultimi mesi.
La pandemia ha ulteriormente aggravato la situazione già precedentemente non rosea del marchio, che vede al momento nella Cina, non un’opportunità come per tanti brand oggi, quanto più un rivale pericoloso in grado di offrire un prodotto simile ad un prezzo che è l’1% di quello di Swarovski.
La strategia del CEO Robert Buchbauer, è quella di puntare su cristalli più colorati e sofisticati, che potrebbero essere venduti a un prezzo più alto, posizionando il brand sull’alto di gamma assieme ad altre iniziative.
Molti esponenti della famiglia però non sembrano essere d’accordo sulla strategia intrapresa che prevede anche il taglio o il ridimensionamento di alcune categorie di prodotto più “popolari” che in passato hanno reso grande il marchio e anche un’importante azione di licenziamenti iniziata proprio dalla città natale del marchio con 1200 persone che hanno perso il lavoro.
Al momento si parla di un piano da 6.000 esuberi su 29.000 dipendenti in tutto il mondo e la chiusura di 750 dei suoi 3.000 negozi per l’azienda fondata 125 anni fa a Wattens.
Per quanto riguarda i ricavi, sono stimati ad un -30% nel 2020, a 1,9 miliardi di euro, per il business principale “Swarovski Crystal Business”.
La situazione non sembra per nulla semplice e non sembrano esserci verità assolute sulla strada da percorre.
Di certo c’è il ricorso presentato da Paul Swarovski &CO per contrastare questa strategia intrapresa.
Inditex positivo sul futuro
Nonostante l’anno particolare, il gruppo spagnolo del fast fashion a cui fanno capo i marchi Zara, Zara Home, Zara Kids, Bershka, Stradivarius, Pull & Bear, Massimo Dutti, Oysho e Uterqüe è tornata all’utile, con performance veramente ottime sull’online e limitando i danni per le vendite dei negozi fisici, che hanno ripreso a vendere molto bene dalla loro riapertura.
Ad oggi, circa l’8% degli store del gruppo rimane con le saracinesche abbassate e un ulteriore 10% deve rimanere chiuso nei fine settimana.
L’azienda ha fatto sapere che si ritiene molto soddisfatta dei risultati 2020 e nutre ambiziose prospettive per i prossimi due anni, con una rinnovata strategia di ottimizzazione dell’inventario, buoni risultati di vendita (l’online è aumentato del 75% nei primi nove mesi del 2020) e un ottimo flusso di cassa.
Ottimi risultati per NIKE
Trimestre sopra le attese per Nike, che chiude novembre con un +9% rispetto alle attese degli analisti, grazie alle vendite online e al mercato cinese (11,2 miliardi di dollari).
L’utile netto per azione è stato di 0,78 dollari
Mentre, cartina alla mano, le vendite sono state stabili in Nord America (+1% a 4 miliardi), nell’area EMEA registra un +17%, toccando i 2,95 miliardi. Stabili anche Asia Pacifico e America Latina , mentre come anticipato registra un +24% con 2,3 miliardi di dollari la Cina.
In salita del 12% l’utile netto, che si è attesta a 1,25 miliardi.
UK in fermento: Mulberry
Frasers fa marcia indietro su Mulberry, o meglio, non ha per ora intenzione di prenderne il controllo, rimanendo ad un 37% della società quotata alla Borsa di Londra, mentre il fondo controllato dalla famiglia Ong di Singapore, mantiene il 56%.
Questa situazione di stand by ha fatto scendere la valutazione di Mulberry di circa 15 milioni di sterline(-11% ad azione) ed alcuni sostengono che Mike Ashley, CEO di Frasers, stia prendendo tempo per dedicarsi ad altre acquisizioni, quali ad esempio quella di Debenhams o Arcadia, oggi sul mercato.
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